Chiara Ferragni (ANSA) - Ilgiornoaltoadige.it
Caso Balocco e Uova di Pasqua, la Procura chiede un anno e otto mesi per Chiara Ferragni. Scopriamo cosa potrebbe accadere.
Un anno e otto mesi di reclusione. È questa la richiesta formulata dalla Procura di Milano nei confronti di Chiara Ferragni, imputata nel processo con rito abbreviato per truffa aggravata dall’uso del mezzo informatico. L’inchiesta riguarda due operazioni commerciali legate a prodotti venduti tra il 2021 e il 2022: il “Pandoro Balocco Pink Christmas” e le “Uova di Pasqua Chiara Ferragni – sosteniamo i Bambini delle Fate”. Al centro delle contestazioni, la presunta comunicazione ingannevole sul carattere solidale delle iniziative.
Oltre all’imprenditrice digitale, la Procura ha chiesto un anno e otto mesi anche per Fabio Maria Damato, per anni figura chiave della gestione dei marchi Ferragni. Un anno di reclusione è stato invece richiesto per Francesco Cannillo, presidente del cda di Cerealitalia, l’azienda coinvolta nella produzione delle uova di Pasqua.
Secondo l’accusa, le campagne avrebbero indotto i consumatori a credere che parte del ricavato di ogni singolo prodotto acquistato fosse destinato a iniziative benefiche. La Procura contesta invece che le donazioni sarebbero state effettuate in misura fissa e indipendentemente dalle vendite, rendendo la comunicazione potenzialmente fuorviante.
In aula, la Ferragni ha reso dichiarazioni spontanee, ribadendo la propria estraneità a qualsiasi intento illecito. “Tutto quello che abbiamo fatto lo abbiamo fatto in buona fede, nessuno di noi ha lucrato”, ha affermato davanti al giudice. L’imprenditrice ha insistito sulla volontà di aver sempre agito con correttezza e di aver sostenuto iniziative solidali senza perseguire vantaggi personali.
Il rito abbreviato, scelto dagli imputati, garantisce lo sconto di un terzo dell’eventuale pena in caso di condanna e consente di basare il processo sugli atti raccolti durante le indagini, riducendo i tempi della procedura. La difesa punta ora a dimostrare che non vi sia stato alcun intento di ingannare i consumatori e che le operazioni solidali siano state gestite nel rispetto delle normative.
Il caso ha suscitato grande interesse mediatico fin dall’inizio, coinvolgendo una delle figure più influenti dell’imprenditoria digitale italiana e aprendo un dibattito sul rapporto tra marketing, beneficenza e trasparenza nelle campagne promozionali. La sentenza è attesa nei prossimi mesi e definirà l’esito di una vicenda che ha avuto ampia risonanza nell’opinione pubblica e nel settore della comunicazione commerciale.
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